Quando i due uomini si separarono, e uno iniziò il cammino di ritorno verso il fiume, e l’altro verso la selva profonda, sapevano che cercando l’orizzonte avevano trovato qualcosa di più importante: la certezza dell’esistenza dell’altro, dell’altro uguale nella forma, ma differente nelle abitudini, e ciascuno si vide più ricco di quando aveva iniziato il cammino, perché il viaggio aveva dato loro le conoscenze che mai avrebbero avuto i vecchi saggi dell’immobilità.

Luis Sepulveda

venerdì 22 giugno 2007

Addio rom

Ercolano. Ormai tutto è deciso e non si torna indietro: hanno 45 giorni per abbandonare il campo nomadi di via Caprile Panoramica. In pochi minuti venerdì è stata decisa la sorte di un’intera comunità rom, circa 200 persone, che da anni vive in un terreno privato.
A convocare la riunione è stato il presidente del Consiglio comunale , Pasquale Simeone, che ha incontrato i capogruppo e la presidente dell’ottava commissione, Leonarda Caso. A farsi portavoce dei rom è stato Marco Nieli, presidente dell’Opera Nomadi di Napoli, ma, a quanto pare, non è servito a nulla.
«I senza fissa dimora - dice Simeone - non possono più stare qui. Siamo in una zona rossa: è un fatto paradossale. Ecco perché stiamo mettendo in pratica iniziative volte al loro allontanamento, in maniera democratica, civile e non forzata». Sono stati rifiutati, quindi i 750 mila euro offerti dalla Regione per migliorare le condizioni di questo campo nomadi. No grazie, meglio cacciarli via, rovinano il panorama! Così con una semplice assemblea si mandano via 200 rom, o zingari, come preferite, ma comunque persone. Nessuno si è chiesto che fine faranno quei bambini costretti all’elemosina, né dove andranno adesso né come si trasferiranno. Non importa, purché se ne vadano.

Autore: Rachele T.

mercoledì 6 giugno 2007

WATER AND PEACE


Padre Alex Zanotelli, la voce di chi non ha voce.
Come tutti noi sappiamo, padre Zanotelli ha combattuto molte battaglie per i diritti umani, come quella riguardante la prostituzione e la distribuzione delle terre in Korogocho. Attualmente si occupa della problematica dei rifiuti e dei conflitti legati alla gestione delle risorse idriche. Sempre di più pace e acqua sono collegate in uno stretto rapporto. L’acqua è in mano ai ricchi del mondo, e si sta avviando a diventare il petrolio di domani. Come oggi si combattono guerre per l’oro nero, ben presto l’acqua diventerà oggetto di guerra, basti pensare che molte sono le multinazionali legate all’acqua, come ad esempio la Nestelè, Danone, Coca-cola. L’acqua è un bene che va tutelato, l’Italia dopo gli USA, è il Paese che consuma più acqua al giorno (circa 200 l). Padre Zanotelli ricorda soprattutto ai giovani che per realizzare un litro di coca-cola ne vengono utilizzati nove di acqua. " Se oggi muoiono –continua padre Alex – 100 000 persone per l’acqua, domani ne morranno 100 000 000!". Tre sono i punti su cui insiste:
1) l’acqua è fondamental human right, ovvero un fondamentale diritto umano;
2) l’acqua è un bene pubblico e non privato;
3) l’acqua non è una S.P.A
" Abbiamo il dovere di fare qualcosa- afferma il padre comboniano – soprattutto i giovani, che non sono il futuro, ma l’unico presente possibile."

Autore: Rachele T.

Dove manderesti tuo figlio?

Chissà perché quando si parla della Giordania si pensa subito al burka, ai rapimenti, al terrorismo… vabbè, se si parla dell’Irlanda è ovvio che si pensa al verde, al fish and chips, all’Inglese….
A ciò si aggiunga che la Giordania è incivile, beh, dove manderesti tuo figlio?
Certo che se civile significa non conoscere la signora del piano di sotto, fare la fila al supermercato e non scambiarsi un sorriso con la cassiera, o altre cose del gemere, e allora è poco dire che i Giordani sono incivili!

Ritornando all’Irlanda: Corrymeela è stata veramente un’oasi di pace, abbiamo capito che ci si può divertire anche con poco ( io già lo avevo capito in quell’incivile stanza di Petra!)
Alla fine dei 5 giorni quel bel fusto, e per altro civile, di David, ci “ha fatto un bel pacco”. Eh … cose che capitano nella civiltà, mica come ad Amman, dove non ho “cacciato” nemmeno un centesimo.
A casa di Rand se ti azzardavi a togliere una forchetta da tavola, erano capaci di legarti e imbavagliarti alla sedia; a Corrymeela non abbiamo avuto di questi problemi: mattina, mezzogiorno e sera avevamo un bel mucchio di piatti e pentole da lavare. Quando ha cucinato il preside e quel mucchio era raddoppiato, avevamo trovato la soluzione, bastava lanciarseli addosso durante i litigi, ovviamente, sempre da ottimi civili in un’oasi di pace!
In Giordania abbiamo dormito nel deserto, abbiamo ballato, cantato e scherzato davanti ad un falò, con quel cielo tutto brillantinato di stelle.
Anche a Ballycastle abbiamo partecipato ad un bonfire, ma il cielo non si riusciva a vedere, era coperto da un fumo nero, nero dovuto alle ruote delle auto che bruciavano. L’apice della festa si è avuto quando la bandiera della Repubblica irlandese, posta alla sommità del bonfire, si è carbonizzata. Qui nessuno ci ha invitato a ballare, qualche bambino più vivace canticchiava <<>>, immagino per la civile capocciata a Materazzi. Nessuno ci ha rivolto la parola. Jane e David ci avevano detto che qualcuno avrebbe potuto chiederci <<>> Beh, gli avrei risposto ciao sono Rachele, ho diciotto anni, sono italiana, sto qui per un progetto alla pace, se proprio lo vuoi sapere sono cristiana cattolica per tradizione, ma credo che esista un unico dio, che si fa chiamare in modi diversi, che insegna la pace e il perdono. Questa però non era la risposta esatta, potevamo solo rispondere <<>>.
E allora, dove manderesti tuo figlio?
Nel Wadi Rum avrei voluto che quel cielo stellato non avesse mai ceduto il posto al sole, nonostante il mio mal di pancia, eravamo tutti lì, Italiani e Giordani, cristiani, atei e musulmani, maschi e femmine, avvolti nelle nostre coperte a ridere e scherzare (sebbene tutto questo era intervallato da qualche corsettina in bagno).
Al bonfire irlandese non vedevo l’ora di tornare nelle nostre stanze, non volevo che quelle immagini si imprimessero nella mia mente. Anche qui provavo un senso di immensità, ma era immensa tristezza, perché a festeggiare non erano solo poveri vecchietti che ricordavano la loro gioventù, ma anche diciottenni come me, famiglie e soprattutto bambini. Ma come cambieranno le cose se i bambini si divertono a strappare e bruciare una bandiera?
Dove manderesti tuo figlio?
Il giorno dopo siamo andati a Belfast, alla marcia orangista.
Qui dei vecchietti sfilavano con le loro medaglie appena lucidate, seguiti da bande musicali, da giovani e, la cosa più triste, da bambini, bambini…
Ai bordi della strada gli spettatori, muniti di poltroncine e colazione a sacco, non perdevano neanche un attimo dello spettacolo. Ah, dimenticavo, tutto, dai marciapiedi ai vestiti della gente, richiamava il bianco blu e rosso, i colori della civile corona inglese. Cosa festeggiavano? Una battaglia vinta secoli addietro.
Dove manderesti tuo figlio?
A me è rimasto è rimasto un senso di tristezza e di dispiacere per quei giovani e quei bambini, ma come si potrà andare avanti se prima non sono loro a farlo?
Anche in Giordania abbiamo parlato di guerra e di pace e abbiamo visto immagini orribili, ma stavamo comodi e freschi nell’auditorium della scuola.
In Irlanda abbiamo visto con i nostri occhi cosa vuol dire non stare in pace.
Siamo entrati nel quartiere protestante e se non eravamo accompagnati da Twister, stavamo freschi di uscire interi!
Dove manderesti tuo figlio?
Twister aveva combattuto contro i cattolici, ma adesso è diventato pacifista, nonostante la suoneria del cellulare e il tatuaggio della corona inglese, ora ha voltato pagina, ora organizza partite di calcio tra protestanti e cattolici, però… quel muro, eh… il muro della pace è indispensabile! Perché non glielo spiegano anche ai Palestinesi che quel muro serve alla pace? Ah, che stupida, sono incivili!
Dove manderesti tuo figlio?
A Derry abbiamo incontrato John McCourt , reduce del civile carcere inglese,del quale portava i segni sul volto. I suoi occhi blu , sembravano quelli di un quindicenne, è come quando nei film dei giovani sono truccati e invecchiati, ma il trucco non riesce ad invecchiare anche gli occhi. Sembra che i suoi occhi siano rimasti a quella domenica, a quel Sunday, a quel Bloody Sunday. Il lunedì decise di entrare nell’IRA, dopo che i suoi occhi avevano visto molti suoi amici uccisi, uno dei quali, il suo migliore amico, il suo amico di infanzia, adolescenza e il suo compagno di studi, sparato di spalle da un civile soldato, mentre era caduto.
È sempre questo il motivo per il quale la pace non arriva mai, è lo stesso motivo per cui Twister decise di combattere i cattolici, ed è lo stesso motivo che spinge tanti giovani in Palestina a farsi esplodere: la vendetta.

La sera ad Amman raramente abbiamo incontrato i nostri professori, a Belfast non potevamo uscire senza essere accompagnati.
Dove manderesti tuo figlio?
Dalle cinque del pomeriggio si cominciavano a sentire elicotteri e sirene della polizia. Il giorno dopo trovavamo per strada pezzi di bottiglie e pietre, che i protestanti e i cattolici si erano lanciati la sera prima, nonostante i cancelli che separano i due quartieri sono chiusi dalle otto di sera.
Dove manderesti tuo figlio?
Una sera mentre tornavamo a piedi da un pub, una vecchietta è uscita in pigiama sulla strada urlando e con un martello in mano! Forse pensava che fossimo un gruppo dell’altro quartiere che voleva importunarla.
Camminando per Amman , entrando per i negozi molta gente si avvicina cercando di dire almeno una parola in Italiano, così, per farti sentire a casa; nelle periferie di Belfast era facile che i ragazzi per attirare la nostra attenzione ci urlavano parolacce, pensando forse di non essere capiti.
Ora non voglio fare di tutte le erbe un sol fascio, finirei per eccedere nell’altro senso. A Belfast ci sono persone che la pensano come noi, (e le abbiamo incontrate) che vogliono quel che vogliamo noi, che hanno firmato anche loro su quel muro, che sperano che quel muro cada presto, che quei murales così belli e colorati cambino presto argomento e che la mano di quel cattolico e di quel protestante si tocchi presto e, perché no, si stringa in un abbraccio!
Per me incivile è colui che non spera in tutto questo. Incivile è chi con la forza entra in casa mia, mi deruba della mia terra, dei miei alberi e della mia dignità, guardandomi dall’alto verso il basso. Questa è l’inciviltà.
E allora, DOVE MANDERESTI TUO FIGLIO?
Autore: RacheleT

venerdì 1 giugno 2007

CINEMA Blood Diamond


Blood Diamond: un altro lato dell`Africa, che mescola thriller e vicende storiche.
Titolo originale: Blood Diamone
Regia: Edward Zwick
Sceneggiatura: Charles Leavitt
Fotografia: Eduardo Serra
Musiche: James Newton Howard
Montaggio: Steven Rosenblum
Anno: 2006
Nazione: Stati Uniti d`America
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 143`
Data uscita in Italia: 26 gennaio 2007
Genere: guerra


Dopo l’Ultimo Samurai, Edward Zwick ritorna con un Thriller avvincente basato sulle vicende storico-politiche del contrabbando di diamanti in Sierra Leone, paese devastato dalla guerra civile del 1999. Sullo sfondo del conflitto e dal caos da esso generato, con un migliaio di morti e più di un milione di profughi, si muovono Danny Archer (Leonardo Di Caprio), un ex mercenario dello Zimbawe diventato contrabbandiere e Solomon Vandy (Djimon Hounsou), un pescatore di etnia Mende.Solomon, costretto a lavorare in una miniera di diamanti a cielo aperto per i ribelli del RUF, trova e nasconde il rarissimo diamante rosa. Venuto a conoscenza di tale notizia, Archer gli offre in cambio del diamante, un aiuto nel ritrovare la sua famiglia dispersa dalla guerra civile. I due, entrambi africani, ma con esperienze del tutto diverse, nel loro cammino incontrano Maddy Browen (Jennifer Connel), un’affascinante giornalista americana che sconvolgerà la vita di Archer, chiedendo a quest’ultimo, cinico e pronto a tutto per ottenere i suoi soldi, di denunciare i suoi capi e smascherare le gravi responsabilità davanti all’intero mondo.Con questo film Zwick riesce a toccare tutte le gravi conseguenze, che la guerra porta con sé. Il film tocca il problema dei bambini soldato, sottratti con violenza dalla loro famiglia ed “educati” con altrettanta violenza dai ribelli del RUF; i problemi dei campi profughi, sovraffollati e con condizioni igieniche pessime e, infine, mostra anche quanta colpa ha l’Occidente in queste vicende, che risponde a tutto ciò con superficialità o, peggio, con indifferenza. Un film, che non lascia nulla all’immaginazione, che racconta storie vere, di famiglie vere come le nostre, può sensibilizzare di più rispetto ad immagini surreali, trasmesse velocemente dai telegiornali. Il cinema, invece di uno sterile libro di storia, può rappresentare lo strumento migliore per affrontare questi argomenti. In altre parole, un film è un modo migliore per ricordare e non dimenticare, ed è quello che fa Zwick con Blood Diamond.


Autore: RacheleT

L'ultimo Re di Scozia


CINEMA – Ritratto-thriller del dittatore ugandese Idi Amin. Forest Whitaker da Oscar.Tratto dal romanzo di Giles Foden, L’ultimo re di Scozia è un eccitante thriller diretto da Kevin Macdonald, ambientato in Uganda, negli anni ’70. Il giovane medico scozzese Nicholas Garrigan (James McAvoy), fresco di laurea, vola nel paese Africano in cerca di avventura, ma anche desideroso di poter aiutare chi ha bisogno. Appena arrivato, apprezza le bellezze locali e ben presto entra in contatto con il neo-presidente del Paese africano, il generale Idi Amin (Forest Whitaker). Garrigan facendo colpo su Amin, dittatore sanguinario ma carismatico, ne diventa il medico personale e inverosimilmente suo consigliere.Lo scozzese da testimone inizia a sentirsi quasi complice delle brutalità del regime di Amin, responsabile di circa 300.000 morti. Garrigan ha paura, arriva a tradire il suo dittatore e tenta di avvelenarlo. Il giovane medico è salvato da un collega ugandese, che gli evita torture del dittatore, affinché torni a casa e racconti quello che succede, «perché a lui, uomo bianco, lo ascolteranno». Queste le ultime parole del dottore africano, ucciso per aver aiutato un traditore.Il film ha una duplice valenza di documentario sulla figura di Amin e di thriller. Sicuramente la pellicola funziona meglio come thriller, trasportando lo spettatore in atmosfere oscure, che sempre avverte una sensazione di pericolo imminente. Kevin Macdonald, da buon documentarista, non si è distaccato molto dalle reali vicende del dittatore, rischiando, a volte, di essere molto cruento. Un particolare plauso va alla coppia di attori protagonisti: il ventottenne James McAvoy, veramente a suo agio nei panni del giovane medico scozzese, e lo straordinario Forest Whitaker, bravissimo ad esprimere la complessità e l’oscuro carisma di Amin, ottenendo l’oscar come migliore attore.


Titolo originale: The last king of Scotland
Regia: Kevin Macdonald
Sceneggiatura: Jeremy Brock, Peter Morgan, Kevin Macdonald
Fotografia: Anthony Dod Mantle
Musiche: Alex Heffes
Montaggio: Justine Wright
Nazione: Gran Bretagna
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 121`
Data uscita in Italia: 16 febbraio 2007
Genere: azione.
Autore: Rachele T.

Fratelli Africani


ERCOLANO – Due giorni dedicati alla Conferenza internazionale "Africani in Campania, Campani in Africa" nella casina del mosaico a villa Favorita.Si è aperta ieri, venerdì, la conferenza su musica e balli africani. Tanti i presenti: dalle personalità di spicco della nostra regione alle associazioni, dalle scuole di ogni tipo al comitato Pan Africano.Ad aprire questa due giorni è stato il sindaco Nino Daniele, facendo gli onori di casa e ricordando la vocazione di pace della città: «Ercolano è un punto di incontro delle civiltà. Non dimentichiamo che qui ha avuto sede la villa dei Papiri, una delle più importanti biblioteche dell’antichità, che ha attirato studiosi da tutto il mondo. Ercolano deve continuare ad essere luogo di scambio ed incontro tra le diversità. L’Africa – continua il sindaco – è il passato e l’avvenire del genere umano e noi, come Europa dobbiamo essere in grado di fare della nostra unità un ancoraggio per gli altri fratelli.»L’obiettivo di questa conferenza, come afferma l’ing. Aladino Miguel Jose, presidente del comitato Pan Africano, è quello di affrontare «ciò che i media tendono ad eludere: diffondere la cultura della pace. Questa è una conquista.» Nella prima parte del dibattito sono intervenuti anche il console della Tunisia e l’ambasciatore del Burundi in Italia, prof. Leopold Ndayisaba. Dopo un brevissimo coffee-break, i lavori sono stati ripresi dalla prof.ssa Adriana Beffardi, delegata del Presidente della Giunta Regionale della Campania per la Pace e la Cooperazione, che ha saggiamente ricordato le parole di Mandela: « Solo quando la povertà diverrà una storia passata, tutti potremo camminare a testa alta. Abbiamo bisogno di essere affamati di fatti, non di parole.» Come ha giustamente osservato l’assessore Angresano: «Costruire la pace significa costruire un ponte, dove ognuno porta il suo mattone.» La mattinata è proseguita con l’intervento del giornalista Gino Barsella, che ha brevemente ricordato i problemi dell’Africa: il neo-colonialismo, il problema dei bambini soldato, la corruzione…Non poteva mancare l’intervento della d.ssa Isadora D’Aimmo, assessore alla Cooperazione e alla Pace dell’Amministrazione Provinciale di Napoli. A parlare è stato anche il preside dell’Istituto Superiore Adriano Tilgher, Ubaldo Grimaldi, che ha sottolineato l’importanza della scuola: prima si educano i ragazzi alla pace e dopo viene tutto ciò. L’educazione all’intercultura, questo è il modo migliore per scuotere le coscienze; così come è fondamentale comprendere la necessità dell’incontro, vedere la diversità come una ricchezza e conoscere l’altro nella sua cultura tanto diversa, ma uguale per umanità. Qualche minuto dopo c’è stato il tanto atteso assalto al buffet: tutto rigorosamente africano. La conferenza è continuata poi nel pomeriggio e continuerà per tutta la giornata di oggi, con altri interessanti interventi, all’insegna del Motto cinese scelto dalla Bottega del commercio equo e solidale "Non date il pesce ai poveri, ma canne per poterlo pescare".
Autore: RacheleT