Quando i due uomini si separarono, e uno iniziò il cammino di ritorno verso il fiume, e l’altro verso la selva profonda, sapevano che cercando l’orizzonte avevano trovato qualcosa di più importante: la certezza dell’esistenza dell’altro, dell’altro uguale nella forma, ma differente nelle abitudini, e ciascuno si vide più ricco di quando aveva iniziato il cammino, perché il viaggio aveva dato loro le conoscenze che mai avrebbero avuto i vecchi saggi dell’immobilità.

Luis Sepulveda

martedì 3 luglio 2007

Il falso Doriforo

Il prof. Franciosi, un archeologo di appena 41 anni, rappresenta l’ardire dello studio, la passione per la cultura e, possiamo dirlo, l’orgoglio di Ercolano.
Il professore ha completamente capovolto un’ opinione che resisteva dal 1863!
Ecco ciò che spiega nel suo libro: dunque, si sa che dal 212 a.C., data della presa di Siracusa, e ancor di più dalla distruzione di Corinto e dall’acquisizione della Grecia in provincia romana, si registra un grande afflusso di opere greche a Roma. I ricchi signori romani decoravano le proprie residenze con statue fatte arrivare dalla Grecia, chi non poteva permettersele, richiedeva delle copie. Ecco allora, che nel II sec. a.C. sorgono ad Atene botteghe di copisti in marmo. Le copie delle statue non erano sempre fedeli, a volte ingrandivano, altre volte rimpicciolivano l’originale, oppure addirittura aggiungevano alle copie delle varianti inesistenti nell’originale.
Tutto sommato, però, le copie sono importanti per ricostruire lo stile dell’opera originale, (soprattutto se si pensa che le statue originali in bronzo furono fuse per coniare monete o per foggiare armi durante le crociate).
Nel XVIII sec d.C. Winkelmann cominciò ad applicare il metodo filologico all’archeologia, a studiare, cioè, oltre alle opere originali, anche descrizioni, fonti scritte.
Questo metodo portò Karl Friederichs, nel 1863, a riconoscere nella statua nella foto una copia dell’originale in bronzo del Doriforo di Policleto, proveniente da Ercolano, in realtà poi si è scoperto, provenire da Pompei. Questa statua è stata per tutti un Doriforo di Policleto, fino agli studi del nostro prof. Franciosi: "Fin da quando ero all’università, più guardavo questa statua, più mi convincevo che c’era qualcosa che non andava ". Infatti tutti pensano che la statua regga nella mano sinistra una lancia, quindi è mancina, la lancia stona con la figura, contrasta la razionalità dell’opera, inoltre sembra assurdo che Policleto avesse realizzato una statua con una lancia che sporgesse ad altezza uomo.
Se osserviamo bene lo schema generale della statua è molto simile a quello dei bronzi di Riace ( ad esempio il chiasmo tra la tensione e distensione di braccia e gambe ). I bronzi di Riace, però, avevano uno scudo. Il professore ha osservato la mano sinistra del Doriforo ( o almeno della statua comunemente ritenuta tale ): l’indice e il mignolo sono avanzati, questo significa che la mano stava mantenendo qualcosa di arcuato, inoltre sul braccio sinistro della copia di Napoli sono stati ritrovati segni di ossidazione, che corrisponderebbero al bracciale dello scudo. Se si osserva bene il braccio destro, si scopre che questo non è poi così rilassato. A ben guardare anche la posizione della mano, si nota che questa è chiusa in modo da formare uno spazio quadrangolare, dove può solo entrarci una spada! Quindi questa statua ha una spada e uno scudo e non può coincidere con un Doriforo, che proprio per il nome è una statua che porta la lancia. Il professore Franciosi ha dimostrato, distruggendo una credenza che durava nei secoli, attraverso altri studi che il falso Doriforo di Napoli è in realtà un Teseo, probabilmente di Policleto.
Ma, allora, quale è il vero Doriforo? Plinio nelle Naturalis Historia scrive che il Doriforo è “virilmente fanciullo”, e secondo il professore coincide con l’ Efebo romano che si trova al British Museum di Londra. Il prof. Franciosi ha quindi distrutto due credenze: il Doriforo di Napoli è in realtà un Teseo di Policleto e l’Eufebo di Londra è il Doriforo di Policleto!

Autore: Rachele T.

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